Primo ciclo a 10 anni, irrompe in una
tranquilla giornata di gioco, durante una scampagnata con zii e cugini. Ricordo
mia zia e le sue premure, lei che mi insegna ad usare l'assorbente ed io che in
fondo non avevo capito benissimo cosa stesse succedendo mi dimentico
dell'avvenimento un attimo dopo e torno a giocare . Ultimo giorno di infanzia.
Mia nonna, con la quale vivevo, da quel giorno in poi ce la mette proprio tutta
per tradurre quella cosa naturale e fisiologica (per quanto ancora oggi
portatrice di fastidi infiniti) in un avvenimento che ti sconvolge la vita più
del necessario. E così non ci siamo fatte mancare niente, dalla superstizione
spinta: "non toccare le piante che
le bruci, non lavare la testa e non fare il bidet perché si blocca il
flusso", fino alla peggiore delle "punizioni" che è anche il
motivo per cui l'ho odiata a lungo e profondamente : "non puoi più uscire
ora, sei signorina". E hai voglia a domandare, obiettare e sbraitare, lei
inamovibile! [Manuela]
Mi trovavo in vacanza a Firenze con la mia famiglia ed una mia cara amica di cinque anni più giovane. Non avevo nessuna intenzione di crescere, avrei voluto avere "almeno" la sua età! Ed invece una sera... un mal di pancia sconosciuto mi abbracciò lì in basso, mentre addentavo con gusto una coscia di pollo in una rosticceria; ricordo che mi domandai: "mal di pancia? con questa fame?". Poi una strana sensazione mi assalì mentre scavalcavo una palizzata, qualcosa mi avvisava che non era il caso di mostrare le mutande in mezzo alla strada. Una volta in albergo, la macchiolina di conferma. Non dissi nulla e andai a rubare un assorbente dalla valigia di mia mamma. Non volevo che diventasse una cosa reale! Il giorno dopo, una lunga visita al forte del belvedere, una mostra sugli impressionisti, mal di tutto e sudori freddi... ma non parlai. Ricordo con nitidezza una macchia rossa su di un dipinto, brillante ed evocativa. Non dissi nulla neanche al riapparire del sangue, sei mesi dopo. Tirai avanti cosi, nascondendo la cosa a chiunque, per almeno un altro anno. Poi un allagamento del sacco a pelo, dopo una notte trascorsa in roulotte con le mie amiche, mi smascherò. [Camilla]
Mia mamma era piuttosto riservata e di certi
argomenti in casa non si parlava. Ho saputo come nascono i bambini dalla
mia nonna paterna molto più aperta di mia madre. Avevo delle amiche più
grandi e le sentivo parlare di mutande igieniche ma ero troppo
orgogliosa per chiedere cosa erano. Alla fine mi feci coraggio e lo
chiesi a mia madre, risposta "quando sarà il momento lo saprai". Quando
fu il momento avevo quasi 12 anni, nel frattempo mi ero informata, e
sapevo cosa mi stava succedendo, però ero in imbarazzo a dirlo alla
mamma, cioè dire che mi erano arrivate "le mie cose" significava
ammettere che sapevo quello e chissà cos'altro. Feci finta di cascare
dal pero, "mamma ho una macchia di sangue nelle mutande..." e giù
qualche lacrima per simulare la paura. Mi disse che era normale, che
ero diventata signorina. Fine della spiegazione. Penso che questa cosa
ha influito molto sulla confidenza con mia madre, che era una bravissima
donna, ma aveva ricevuto un'educazione molto rigida. Per fortuna sono
stata sempre una ragazzina curiosa e le domande me le ponevo e le
risposte le cercavo. Quando ho cominciato le superiori (1976) compravo
di nascosto un mensile, se non ricordo male si chiamava "Duepiù", che è
stato la mia educazione sessuale e sentimentale. [Lorella]
Mi trovavo in vacanza a Firenze con la mia famiglia ed una mia cara amica di cinque anni più giovane. Non avevo nessuna intenzione di crescere, avrei voluto avere "almeno" la sua età! Ed invece una sera... un mal di pancia sconosciuto mi abbracciò lì in basso, mentre addentavo con gusto una coscia di pollo in una rosticceria; ricordo che mi domandai: "mal di pancia? con questa fame?". Poi una strana sensazione mi assalì mentre scavalcavo una palizzata, qualcosa mi avvisava che non era il caso di mostrare le mutande in mezzo alla strada. Una volta in albergo, la macchiolina di conferma. Non dissi nulla e andai a rubare un assorbente dalla valigia di mia mamma. Non volevo che diventasse una cosa reale! Il giorno dopo, una lunga visita al forte del belvedere, una mostra sugli impressionisti, mal di tutto e sudori freddi... ma non parlai. Ricordo con nitidezza una macchia rossa su di un dipinto, brillante ed evocativa. Non dissi nulla neanche al riapparire del sangue, sei mesi dopo. Tirai avanti cosi, nascondendo la cosa a chiunque, per almeno un altro anno. Poi un allagamento del sacco a pelo, dopo una notte trascorsa in roulotte con le mie amiche, mi smascherò. [Camilla]
Se volete condividere le vostre storie: ritentasaraipiufortunato@outlook.it
Mamma mia che belle queste storie.
RispondiEliminaVero? Quanto sono contenta di essermi lamentata dei dolori domenica scorsa: tutto da lì è nato.
EliminaIl genio è un mix di creatività e botta di culo.
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