martedì 29 giugno 2010

Anche i leghisti piangono.


Essere leghista non deve essere per niente facile.
Innanzitutto il tuo leader è Bossi e già questo è pesante per chiunque abbia un quoziente intellettivo più alto di quello di una tellina, poi non puoi tifare la tua nazionale durante i mondiali. Non puoi andare in “terronia” e ammettere che ci sono dei posti di rara bellezza, sei costretto a parlare a grugniti ed eleggere gente come Cota. Poi ci si mettono anche quei pezzenti di Napoletani, che non vogliono accettare in silenzio il tuo odio e se te gli canti in campagna elettorale che c’hanno il colera, loro poi rispondono mettendo dei cartelli fuori dai negozi dicendo che il leghista non è il benvenuto.
Ma è qui che si riconosce l’impavido militante leghista. Lui non guarda il cartello in lacrime, non piange le sue disgrazie. Lui scrive a Maroni e chiede nientepopodimenoche una cazzo di interrogazione parlamentare. Dicono: “al di là della dubbia legalità di certe azioni propagandistiche che vorrebbero i leghisti non graditi in certi negozi di Napoli, si sta alimentando un clima di tensione e di soppressione della libertà di espressione che merita l'attenzione del ministro dell'Interno.”
Mica come Borghezio che spruzza il Glassex sulle puttane Nigeriane in treno! Questi napoletani zozzi e brutti che il Vesuvio dovrebbe lavarli col fuoco, si permettono di non volere a casa loro dei fieri esponenti della gloriosa stirpe padana. Quasi fossero dei negri qualunque  o al massimo degli zingari di merda.
Dice benissimo Paolo Grimoldi, coordinatore federale del Movimento giovani padani: «Se certi cartelli fossero apparsi in Padania, prendendo come scusa le continue battute dell'intelligenza napoletana contro il Nord (basti citare Pino Daniele) sarebbe successo il finimondo. Se invece il razzismo parla napoletano non solo va bene, ma trova anche l'appoggio incauto di certi politici che, invitando a "reagire con forza", rischiano di alimentare le derive più pericolose di questa sconcertante campagna discriminatoria».
E ora scusate, ma vado a pulirmi il culo col tricolore.

martedì 22 giugno 2010

"Una questione di democrazia"


Peter Gomez ha "risposto" a Fini.
Un sacco di belle parole, date, esempi... ma mai, nemmeno per sbaglio, Gomez ha fatto notare a Fini che forse 'ste sparate contro le donne potrebbe anche risparmiarsele.

Ma Massimo Fini è un grande scrittore, un grande giornalista e, soprattutto, (non un uomo, ma) un essere umano libero. Nella sua vita si è reso protagonista di molte scelte coraggiose e controcorrente. Che ha sempre pagato di persona. Capisco il senso delle sue provocazioni. E, anche se in questo caso non condivido una parola di quello che dice, voglio che lo possa fare. Soprattutto sulla Rete dove ciascuno può contraddirlo, criticarlo, lodarlo o insultarlo. Se il caso.

Insomma, "
Il Corpo delle Donne" c'è piaciuto tanto, disprezziamo le pubblicità delle macchine con gnocche seminude in primo piano, siamo per le pari opportunità, ma se siamo  abbastanza antiberlusconiani possiamo scherzare sullo stupro e sorvolare sull'orrore della condizione femminile in Afganistan. Sono solo provocazioni e comunque la sola cosa che conta è che "lo possiamo fare". Perché non raccontiamoci cazzate, se le stesse parole fossero state stampate su Libero o Il Giornale, di certo non ci si sarebbe nascosti dietro la libertà di parola.

Ma vaffanculo pure Gomez.

lunedì 21 giugno 2010

Più chiese meno case



Il SindacoDegliAltri è un palazzinaro scatenato.
Dopo aver annunciato l'arrivo dei grattacieli nelle periferie romane per risolvere il problema della penuria di abitazioni, ora ha deciso di fare qualcosa di davvero sensazionale: costruire
cinquantuno chiese.
Come se a Roma non ce ne fossero abbastanza.
"E' un progetto che abbiamo realizzato insieme al Vicariato e alle altre diocesi per portare parrocchie e centri di culto, ma anche importanti centri sociali, culturali nelle periferie. Siamo infatti consapevoli che le parrocchie sono spesso punto di aggregazione ed identità dei quartieri".

Ma il comune non dovrebbe servire proprio a questo? A realizzare "centri sociali e culturali"? Da quando cultura e socialità sono esclusivo appannaggio della chiesa cattolica?
E soprattutto, cosa ci darà il Vaticano in cambio? Un paio di rate di ICI? O farsi belli coi preti serve a nascondere una città sempre più intollerante e insicura?

Non so, io non riesco a non chiedermi quanti asili nido, quante palestre, quanti centri per giovani e vecchi si sarebbero potuti costruire con i soldi che andranno alle 51 parrocchie.

domenica 20 giugno 2010

Massimo is back


Già un paio di mesi fa Massimo Fini ci aveva allietato con il suo illuminante pensiero sulle donne (io ne ho parlato qui, lui l'ha scritto qua). Come dice un amico di FB forse s'era preso troppi pochi vaffanculo e ha sentito l'impellente bisogno di bissare.

Stavolta Fini ci fa sapere che 'sto maledetto femminismo ha rovinato non solo le donne, ma anche gli uomini che stanno perdendo il loro ruolo.

Insomma, prima la faccenda era facile facile: la donna stava a casa a badare alla prole, a cucinare, a pulire o al massimo nei campi quando era tempo di vendemmia e l'uomo andava a lavorare per mandare avanti la baracca.

E ogni tanto, quando si andava a teatro, (perché allora la gente del popolo andava a teatro, oh yes, a vedere spettacoli carnascialeschi ma anche Eschilo, Euripide, Sofocle, Aristofane che sono un po' meglio di "X Factor") c'era sempre una zia zitella o una domestica perché non c'era famiglia, per quanto modesta, che non avesse dei domestici in essa integrati.
Adesso invece è un macello, le donne lavorano e tocca pagre una baby sitter o mettere i bambini all'asilo. Che poi lo sanno tutti che la femmina un ruolo ce l'ha, gliel'ha dato Madre Natura. Mogli e madri dobbiamo essere e se decidiamo di essere altro, di andare a lavorare, a studiare, di uscire di casa per crearci la nostra vita distruggiamo questo meraviglioso ordine naturale.
La donna, secondo Massimo Fini, è una cosa passiva, che deve accettare il ruolo impostole da questa presunta legge di Madre Natura. L'uomo, invece, un ruolo se lo deve creare: donna passiva, uomo attivo.
Una donna che decide di diventare parte attiva nella SUA vita, distrugge ogni certezza e all'uomo non resta nemmeno una guerra per sentirsi davvero maschio.

L'uomo il suo scopo nel mondo deve cercarselo, ma oggi non ha più occasioni per esercitarlo. Non c'è più la guerra dove provare il proprio coraggio (la guerra d'antan, dico, non quella odierna dei robot, tanto che vi partecipano anche le tipe, robb de matt), non c'è più il duello. La forza fisica, sostituita dalla tecnologia, non conta più nulla eccetera. E, senza ruolo, l'uomo non esiste.

Fortunate noi donne, che non dobbiamo fare altro che le serve, le fattrici, le mamme amorevoli e le mogli sempre pronte. Il lavoro, la cultura sono cose che non ci appartengono perché non sono "naturali".
E proprio per colpa nostra, megere maledette che impediamo al maschio di avere il suo ruolo, l'ordine della Natura è sovvertito.
Così le ragazze, che sognano pur sempre il vir, il "principe azzurro" (lo si vede ai matrimoni dove tutte, non solo la sposa, versano fiumi di lacrime: la cosa le emoziona ancora) si trovano davanti un bambino (“Ricordati che in ogni uomo c'è un bambino che vuole giocare” scrive Nietzsche).
E' colpa dell'orrida emancipazione femminile se esistono uomini "bambini". E visto che è solo colpa nostra non dobbiamo rimanere deluse da quello che ci troviamo davanti: avremmo potuto seguire Madre Natura invece che pensare con le nostre teste e forse ci troveremmo davanti un bel maschione rude e vigoroso e non 'ste mezze checche con cui ci accompagnamo.

Lui dice di conoscere molte trentenni, spesso belle, colte, eleganti (fini no, la ragazza "fine" è scomparsa dall'Occidente) che fan una fatica boia a trovare un partner. Non per una scopata (anche per quella, gli uomini, di fronte all'aggressività femminile, stan diventando tutti finocchi), ma un uomo che dia loro la sicurezza e il senso di protezione di cui hanno bisogno.

Anche finocchi vi facciamo diventare, cari miei. Se una donna ha voglia di farsi una scopata e via (cosa che vi assicuro capita un po' a tutte), il maschio diventa frocio. E' la vecchia storia del maschio cacciatore e della donna preda. Una donna che vive allegramente il sesso non è più "preda" e il cacciatore diventa una mammoletta.
Una soluzione a questo dramma cosmico, comunque, c'è e Massimo ce la dice senza mezzi termini:
Consiglio uno stage in Afghanistan. Troveranno degli uomini che le faranno rigar dritto, come meritano e come, nel fondo del cuore, desiderano.

In fondo noi donne desideriamo essere trattate da schiave, vogliamo non avere diritti, non vogliamo lavorare, studiare, vivere da sole. Solo che non lo sappiamo. O meglio, il femminismo e le lotte per la nostra emancipazione ci hanno distolte dalle cose davvero importanti. Meno male che a distanza di qualche mese Fini è venuto a ricordarcelo.

C'è da chiedersi che razza di donne abbia incontrato Fini nella sua vita e cosa gli abbiano fatto mai di così terribile.
Se non fosse così stronzo mi farebbe quasi pena.

venerdì 18 giugno 2010

Non sono una scienziata.


Non so se sia il caldo o il tentativo massiccio di impecoronarci (lo so che la parola non esiste, ma non me ne frega niente) sempre di più, ma in questo periodo i quotidiani on line sono scandalosi.
E dire che di cose serie di cui parlare ce ne sarebbero a pacchi.

Tra Repubblica e Corriere è tutto un fiorire di articoli su ricerche scientifiche assurde che mi fanno pensare che il genere umano dovrebbe estinguersi per troppa idiozia.

L'altro giorno c'era un interessantissimo studio sui
nomi, che pare segnino il nostro comportamento nel mondo.
Poi è stata la volta della
voce maschile che preferiamo noi donne.
Segue illuminante
articolo che ci fa sapere che un'indagine del «Department of Social Policy» della London School of Economics ha svelato che se lui fa le faccende di casa si abbassa la possibilità di divorzio.
Ma il premio della settimana lo do decisamente a "
Oggi è il giorno più felice dell'anno", sul Corriere.

I fatti di Pomigliano, le macerie de L'Aquila, il nuovo esilarante ministero del federalismo, quelche decina di tragedie qua e là e la morte di uno dei miei scrittori preferiti (
Josè Saramago) non contano un cazzo.

La scienza così dice.
Oggi siamo tutti felici.

Il fatto che mi girino i coglioni non fa che confermare la mia scarsa dimestichezza con le scienze.

Mavvaffanculo.

Immagini amiche.


L’UDI ha lanciato già da un po’ la campagna “Immagini amiche”, nata per “contrastare con una azione politica puntuale, organizzata e condivisa le immagini lesive e gli stereotipi femminili ovunque, non solo nella pubblicità”.

Trovare immagini amiche mi pare un’impresa quanto mai ardua, mentre non ho alcuna difficoltà a vedermi circondata di messaggi che dipingono le donne come delle mezze zoccole, delle mentecatte, delle maniache schizzate.

Le pubblicità delle automobili sono un buon punto di partenza. Bella macchina e bella gnocca sembra un connubio destinato a sopravvivere nel tempo (a questo punto sto canticchiando “Spendi spandi Effendi" di Rino Gaetano: “Spider coupè gittì alfetta. A 200 c’è sempre una donna che t’aspetta. Sdraiata sul cofano all’autosalone… e ti dice, prendimi maschiaccio libidinoso. Coglione!”).

Quelle degli assorbenti, poi, ci fanno sembrare delle strane cose che quando hanno il ciclo non riescono manco a camminare per il terrore di sporcarsi, ma abbastanza idiote da mettere un assorbente profumato sul ventilatore del treno per contrastare la puzza del ciccione nello scompartimento.

Quelle dei detergenti intimi mi fanno schiantare: la tipa carina, classica ragazza acqua e sapone che saltella in bagno e sputazza acqua fresca allo specchio perché si deve lavare la patata. Bah, io lo faccio da anni con molto meno chiasso.

Poi ci sono le famiglie. In linea di massima la mamma sta a casa a cucinare/lavare/preparare e quando invece è una mamma che lavora, finisce sempre che non ha fatto un cazzo per cena  e meno male che c’è la nuova pizza surgelata, che si fa in un attimo e risolve le serate.

Le amiche nei bar sono quasi sempre delle superfiche cui basta  un gesto per saltare una fila chilometrica e prendere l’aperitivo. Rigorosamente sul bancone del bar, con simil-sfilata incorporata.

Solo che noi non siamo così, lo giuro!
Io quando ho il ciclo ho solo mal di pancia e magari mi gira male perché non posso andare in piscina. Il bidet me lo faccio senza troppe storie: niente balletti, mi sto lavando e niente di più. E poi quando c’è la fila al bar me la faccio borbottando e sognando una birra ghiacciata.

Forse sono io che ho qualcosa che non va, ma non mi riconosco in nessuno degli stereotipi che mi circondano.
E non è invidia. Certo, mi piacerebbe un culo più sodo, delle tette più grosse o una pancia più piatta, ma mi vado benissimo così.
 
Comunque, la cosa che mi rende fiduciosa in un domani migliore, è che è pieno di uomini che non riconoscono le proprie compagne-mogli-amiche-vicine di casa in nessuna delle immagini che ci bombardano.
E che non riconoscono se stessi negli accompagnatori delle donne di cui sopra.

Uno di questi uomini io lo conosco, è amico mio, marito di amica mia, padre di due belli come il sole e c’ha pure un blog, che pubblicizzo molto volentieri.

giovedì 17 giugno 2010

Che sia un segno?


Il mio ferreo ateismo forse sta vacillando.
In Ohio un fulmine ha colpito e incenerito una statua di Gesù di 19 metri e di più o meno 170.000 €.
Che sia un segno divino?
Magari mi sono sbagliata: Dio esiste e sta cercando di dirci qualcosa.
Magari voleva dire che il figlio di un falegname che predicava la povertà non avrebbe amato particolarmente una cosa simile. O che 'sta faccenda dei preti pedofili non ha niente a che vedere con "lasciate che i piccoli vengano a me" o com'era quella cosa lì. O anche che forse sarebbe l'ora di rompere meno i coglioni alla gente e pensare a chi muore di fame e malattia nell'indifferenza del ricco occidente.
Non lo so.
Forse dovrei cominciare a pensare seriamente alla possibilità dell'esistenza di Nostro Signore.