domenica 19 aprile 2020

Poramamma in quarantena

La prendo alla lontana, mi sono resa conto che non scrivo da un anno. 
Come passa in fretta il tempo quando ci si diverte, signora mia!

Lo scorso ottobre sono stata licenziata.
Qualche mese prima il Consorzio per cui lavoravo ha perso un'importante commessa a Roma e ha comunicato a me e a una trentina di colleghe e colleghi il trasferimento coatto presso la sede centrale di Bologna. 
Ci hanno trasferiti in massa, donne incinte, genitori di bimbi sotto i tre anni, gente che accudiva familiari con gravi patologie, a più di 400 km da casa, senza possibilità di appello. 
Con due bimbi che all'epoca avevano un anno e spicci, per me quella lettera è stata di fatto un licenziamento.
Mi sono rivolta al sindacato, ho impugnato il trasferimento e a Ottobre sono stata licenziata. La mia vertenza è insieme a tanto altro ferma per il lockdown.

"Se non altro potrai goderti i tuoi cuccioli", mi sono sentita dire.
Perché a quanto pare, nonostante i progressi della scienza e della tecnica, ancora non pare essere chiaro a tutte/i che per una donna, ancorché madre, il lavoro non è un capriccio, un hobby che può essere messo da parte senza drammi per fare “la mamma a tempo pieno”. 

Lavorare mi manca tantissimo. Nonostante facessi un lavoro di merda.

Comunque, a quel tempo i miei figli (gemelli) andavano al nido e passato un momento di completo sconforto, ho cominciato a cercare un nuovo lavoro e –orrore! Certe cose una mamma non le deve dire mai!- a a fare cose che con la loro nascita avevo abbandonato. Robe banali, tipo la piscina e il cinema sola una volta a settimana, magari con una birra scura prima di tornare a casa.

Poi è arrivato il virusdemmerda.

Nido chiuso.
Tutti a casa con mamma.

E per l’ennesima volta da quando ho fatto le prime beta, qualcun* è accorso per spiegarmi come devo comportarmi e cosa devo pensare per non essere una madredimerda.
Una brava madre non si deve lamentare mai.

Non hai tempo per cacare in pace?
“Allora non dovevi fare figli.”

Sogni di farti una doccia come Cristo comanda, con l’acqua bollente in testa per più di cinque minuti?
“Allora non dovevi fare figli.”

Ti sei stufata di fare lavatrici, preparare pranzi e cene, pulire cessi, passare aspirapolvere?
“Allora non dovevi fare figli.”

E se per caso in un momento di scazzo ti esce un “aridateme il nido!”, non solo “allora non dovevi fare figli”, ma sicuro come la cacca dopo  il caffè arriva qualche stronz* a dirti che “vuoi il parcheggio”.

Se poi siamo madri disoccupate siamo considerate “da rinchiudere. Senza se e senza ma.” 
Perché a quanto pare una volta che diventiamo madri cessiamo di essere anche persone, con necessità e desideri che non sempre contemplano la presenza della prole h24.

Ecco, no.

Va bene tutto, e con la maternità e la disoccupazione ho imparato a non rispondere a chi rompe i coglioni (più o meno), ma la storia della scuola come parcheggio davvero mi fa uscire di testa.

No, stronz*, non voglio un parcheggio per i miei figli.

Il nido, la scuola, non è un “parcheggio” dove noi madri, addirittura “quelle che non lavorano” vogliamo mollare i nostri figli e figlie per poter andare “tranquille a lavoro/estetista/leggere un libro.

Voglio un posto sicuro, stimolante, adatto a loro dove possano imparare a fare cose nuove e a convivere con bimbe e bimbi.

Se avessi voluto un parcheggio mi sarei risparmiata i soldi della  retta mensile del nido.

Ah, volutamente non mi infilo in un discorso su "se le scuole chiuse chi sta a casa?", perché lo sappiamo tutte e tutti che il lavoro domestico e di cura in questo paese è praticamente tutto e sempre sulle spalle delle donne.

[Tutto quello che è virgolettato mi è stato detto/scritto testualmente.]

1 commento:

  1. Intanto mi dispiace molto per il lavoro, per il resto sono d’accordissimo con quello che dici

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