Partiamo dal presupposto che io non credo di aver mai scritto una recensione, ma sono mesi che questa ce l'ho tra le cose da fare, anche perché una delle prime presentazioni di questo libro è stata fatta da Tuba e insieme all'autore Lorenzo Gasparrini e ad Alessandra Chiricosta (filosofa, femminista, marzialista, donna stupenda e altre mille cose) c'ero prue io.
Mi pare quindi doveroso ammettere le mie mancanze da subito, così metto le mani avanti e mi giustifico subito per la scarsissima professionalità e per le mie evidenti lacune.
Detto ciò, ci provo, tanto chi legge questo blog sa che non sono mai troppo seria.
Per me il libro di Lorenzo è stata una novità. Non avevo - colpevolmente - mai letto nulla di così (mi si passi il termine) "strutturato" scritto da un uomo che si dice non solo antisessista, ma addirittura femminista.
Sì, ci sono blog, articoli, siti, ma un libro così semplice e chiaro, eppure tanto completo, almeno a me, mancava.
Ed è stato interessante leggere il punto di vista di un "vincitore per natura" che da queste vittorie si percepisce sconfitto.
Forse è proprio questa la questione che mi ha maggiormente colpita: un uomo che ammette pubblicamente e senza giri di parole, non solo di non volere il privilegio che gli è stato assegnato in quanto nato maschio, ma che anzi afferma di trovarsi, proprio per questo, in una condizione di ansia a frustrazione.
Un uomo che rende pubblica la propria debolezza in una società che ancora vuole il maschio macho, l'uomo che non soffre, che comanda, che non esita e che soprattutto collega questa debolezza a un privilegio che gli viene accordato al momento della nascita.
[...] perché i vantaggi sociali che il patriarcato mi conferisce per il solo appartenere a questo genere sono pagati a caro prezzo, non solo dagli altri generi, ma anche dal mio, che si vede confinato in un mondo di virilità, di mascolinità, machismo, maschilismo, prepotenze, razzismi vari e che mi pone sempre obiettivi irraggiungibili.Il tutto mentre mi istupidisce raccontandomi che tutto ciò è innato, immutabile, perché è, con la più ipocrita delle parole, naturale. [pagg. 19 e 20]
Il paradosso dell'oppressore oppresso, insomma.
Ammettere non solo di non ritrovarsi nel proprio privilegio di genere, ma addirittura di trovarlo opprimente.
Oh, nel paese del macho latino mi pare un passo importante.
E sempre da questo privilegio "naturale" è letta la lotta tra l'immagine sociale e il desiderio, tra quello che ciascuna e ciascuno di noi deve e quello che vuole essere.
Si inizia da bimb*, quando a noi femmine non si consente di fare judo e ai maschi di fare danza, quando a noi bimbe non viene comprata la motocicletta elettrica e ai bimbi la cucina.
Spesso non è nemmeno una cosa voluta. Ormai tutto è percepito, appunto, come la norma, quindi si fa così e si guarda come un alieno/a o nei migliori casi un* coraggios* chi da quella norma vuole uscire per sovvertirla. Come scrive Chimamanda Ngozi Adichie in "Dovremmo essere tutti femministi": «Interiorizziamo idee che derivano dalla società in cui siamo inseriti.»
Senza nemmeno rendercene conto, abbiamo spesso atteggiamenti perfettamente immersi negli stereotipi sui generi e spesso anche per le/i più consapevoli tra noi uscirne non è senza fatica.
Per me, per lo meno, uscire da certi stereotipi, cercare di non caderci più, è uno sforzo quotidiano e mai finito.
Più avanti, parlando di stereotipi, repressione dei desideri e dell'immagine sociale di sé che si scontra con le proprie aspirazioni, Lorenzo spiega chiaramente cosa sia per un uomo eterosessuale questa sorta di "cortocircuito":
Una bambina, poi una donna, hanno già una lunga tradizione di studi, di lotte, esperienze e testimonianze dei femminismi per spiegare la necessità della liberazione dal patriarcato. A un bambino, a un uomo, il patriarcato offre molto: un potere duraturo sulle donne e su chi non è eterosessuale, un mondo costruito su quel potere, Ma tutto ciò ha un prezzo altissimo: la repressione dei propri desideri e la sostituzione con desideri convenzionali e stereotipati; la continua ansia da prestazione in tutti i campi - privato, pubblico, sentimentale - perché vige la cultura dei dei vincenti e la sua necessità nella competizione continua; false sicurezze - la virilità, la superiorità fisica e intellettiva, le «responsabilità; le ipocrite convinzioni che giustificano tutto questo.
Vivi in un mondo che ti vuole vincente sempre e comunque imponendoti un canone di comportamento uguale a quello di tutti gli altri maschi eterosessuali, che però in cambio ti chiede praticamente tutto, la rinuncia a quello che sei e vuoi essere. Da quel canone non puoi derogare, da quei binari non si deraglia, altrimenti sei un reietto.
Nel libro sono presenti tutti i temi di cui andiamo parlando da anni: linguaggio, educazione, sessualità e la cosa che ho maggiormente apprezzato è che tutto sia stato apertamente affrontato, nella più classica "tradizione" femminista, partendo da sé.
Non mancano, quindi, aneddoti di vita vissuta, usati per dimostrare, casomai fosse necessario, quanto scritto già nelle prime pagine: «[...] in una società sessista, nessuno nasce antisessista: lo si può solo diventare, e dopo un lungo lavoro su di sé che non può dirsi mai concluso definitivamente.»
E io me li immagino Lorenzo e la sua compagna davanti alla maestra che non lascia che Andrea giochi con la cucina, un gioco "da femmina".
Lorenzo Gasparrini
settenove edizioni, 2016
Lorenzo lo trovate QUI