Partiamo dal presupposto che io (Lola) non so decostruire. Cioè, io mi avveleno, borbotto, zompo
sulla sedia, mi viene voglia di urlare “maccheccazzostaiadì” (e a volte lo
faccio), ma non sono brava a decostruire un testo. Diciamo che il mio
deconstructing sarà più che altro la trascrizione più o meno letterale di
quello che mi passa per la mente leggendo. Senza parolacce. Ove non
strettamente necessario.
Io invece (Lorenzo) decostruisco spesso e volentieri qui, ma per questa occasione
speciale m'è sembrato il caso di dire attraverso questa forma di divertimento
testuale che questo uomo no.
Approfittare del 19 marzo per fare propaganda politica al proprio schieramento
ideologico mi pare davvero troppo meschino, anche per uno che crede nella
"teoria del gender" come il bel tipo di cui leggiamo insieme questo
capolavoro.
di Andrea Torquato Giovanoli
Notiziona: oggi è il 19 marzo! [Finalmente! I
bignè di san Giuseppe sono nelle pasticcerie, fritti e pieni di crema, come
piacciono a me.]
Una volta in questo giorno si festeggiava il papà e la Chiesa lo celebrava
solennemente nell’effige esemplare di San Giuseppe. [Tecnicamente
lo fa anche adesso eh, il santo del giorno quello è.] [In effetti come non festeggiare un falegname ebreo palestinese di
mezza età che cresce come fosse suo il figlio ebreo
palestinese della sua sposa bambina e di uno
sconosciuto che si fa chiamare “Spirito Santo”? Davvero, eh, non sono molti gli
uomini (ma anche le donne, ammettiamolo) che sarebbero disposti a fare lo
stesso.] [Non ho mai capito, infatti, perché
lui è il protettore dei lavoratori mentre quello famoso per la pazienza è
Giobbe. Mah.]
Come dite? C’é ancora questa festa? Ah sì? Non si direbbe. Almeno
contemplando questa società dove la figura paterna risulta sempre più sbiadita,
se non addirittura, in molti casi, totalmente assente. [Punto di vista sostenibile come altri, ma da cosa? Come si misura lo
"sbiadimento" di una figura sociale? Cifre, statistiche, studi,
modelli? Niente. Pura scienza infusa.] Come d’altronde la figura stessa
del maschio. [Stessa domanda: come sostenere questo
– e più generale – punto? Sono maschi i capi politici ed economici. Sono maschi
i riferimenti religiosi e filosofici, sono maschi i grandi intellettuali e
scienziati. Se e quando compare una donna in questi gruppi, è celebrata come
l'eccezione. Quindi?] Oggigiorno, infatti, il modello proposto dalla
cultura dominante [che è quella descritta prima]
è quella di un uomo svirilizzato, smembrato negli accessori a lui connaturali
(quali la potenza, l’audacia, l’autorità, persino l’agonismo) [apriamo un giornale: Obama, Putin, Renzi, Draghi,
Berlusconi, Salvini, l'Is contro Merkel e Boldrini; Bill Gates, Mark Zuckerberg
contro nessuna; Balotelli, Messi, Ronaldo, Federer, Djokovic, Bolt contro
nessuna; Valentino, Dolce&Gabbana, Armani, Versace, YSL, Manolo Blahnik
contro nessuna – io vedo e leggo tutta la potenza, l'audacia, l'autorità e
l'agonismo possibili e immaginabili]: è un maschio riplasmato ad
immagine e somiglianza della femmina [vaglielo a
dire a uno di quelli, no? Diglielo a Putin, che è stato riplasmato a immagine e
somiglianza della femmina], che da par suo, invece, è stata in ogni modo
virilizzata [di nuovo: giornali e televisioni sono
notoriamente pieni di donne mascoline, con capelli corti, senza seno né glutei
in evidenza, poco discinte, vero?], se non nell’estetica quantomeno
negli attributi [EH?], così da parificare i
generi perché si possa infine affermare che essi, ormai indifferenziati, non
esistano più. [Ecco, no. Capisco che il terrore per
la fantomatica “teoria del gender” vi abbia ottenebrato il cervello e bloccato
le sinapsi come lo strutto fa con le arterie, ma se tu fossi onesto, Andrea
Torquato, sapresti che la cultura dominante è decisamente un’altra cosa. Alla
cultura dominante continua a piacere il macho, l’uomo che non deve chiedere
mai. Guarda ad esempio i due Matteo: certo, esteticamente non incarnano proprio
la figura di Conan il Barbaro, ma negli atteggiamenti machisti, da duri, spesso
violenti e volgari sono esattamente il maschio audace, virile, autoritario e
agonista che tu dici di non vedere. Appunto.
Aggiungo che l'affermazione della indifferenziazione dei generi è fatta sempre
e solo da quegli stessi che hanno inventato la "teoria del gender" –
quindi non esiste quella come non esiste questa.]
È il trionfo dell’icona del maschio che si depila le sopracciglia: prodotto
quasi scientifico di un’annosa militanza femminista [tutti
ricordano distintamente che il grido di battaglia femminista è sempre stato
"depilati le sopracciglia, maschio!"], la quale, a furia di
battaglie in nome di una pretesa assoluta parità dei sessi [no, era parità dei diritti per entrambi i sessi, occhio a
riassumere], alla fine è giunta ad evirare il maschio [questa non si sente da quasi cinquant'anni] pur di
vederlo assimilato alla donna. [Ecco, no. Il
femminismo, i femminismi, non vuole assimilare proprio un bel niente. In buona
sostanza a noi femministe delle sopracciglia dei maschi interessa ben poco
(anche se io ho intenzione di chiedere alla mia estetista se può farmele come
quelle di Paredes, che trovo belle ed eleganti). Le battaglie dell’“annosa militanza femminista” non
chiedevano né auspicavano una “assoluta
parità dei sessi”, ma il riconoscimento alle donne della stessa dignità che
ai maschi è da sempre stata riconosciuta in quanto portatori di pene (nel senso
di pisello). Ecco, detto così è ancora
meglio.]
Così facendo, però, lo ha ridotto ad una caricatura, ad un’inconsistente
ombra d’uomo, rinchiuso in un infantilismo irresponsabile ed egoista [quelli che descrivi sono ulteriori effetti del
patriarcato e del paternalismo vigenti, come potrebbe raccontarti un recente
studio di Chiara Volpato], tanto succube ed inetto da essere ormai
incapace di soddisfare le sempre crescenti e sempre più volubili richieste del
nuovo “sesso forte”. [Colpa delle madri, presumo. Anche di quelle che non hanno
mai partecipato alla militanza femminista. Ah, le madri dei figli maschi so’
tremende, guarda. Io mi chiedo invece come
avrà fatto il padre di Andrea Torquato a sfuggire alla polizia eviratrice
femminista. Sarà stato senz'altro molto potente, audacissimo, molto autoritario
e un grande agonista.]
Certo la crisi dell’uomo moderno ha prodromi antichi, probabilmente
radicati ancora nell’ideologia illuminista [da dove
vengono la scienza moderna e il moderno concetto di democrazia, altre due cose
delle quali, è vero, sarebbe il caso di fare a meno, no?], la quale ha
sostituito la verace rivelazione cristiana di un Dio Padre [non per fare il pignolo eh, ma Galileo, Bruno, Keplero,
Newton già qualche mazzata l'avevano tirata, a quella rivelazione],
sostituendola tout-court con la divinità femminile della “dea ragione” [Kant, Bayle, Montesquieu, Voltaire, de Condorcet,
Diderot, de La Mettrie, Helvétius, D’Holbac,
Rousseau, de Mandeville, Smith, Locke, Hume, Wolff, Baumgarten, Lessing,
i fratelli Pietro e Alessandro Verri, Beccaria – tutti sottomessi a una
"dea"? Sicuro sicuro? Alcuni sono tra i più misogini della storia del
pensiero occidentale, eh]: ha obliterato l’archetipo del Padre Creatore
con lo stereotipo di “madre natura”. [Se vuoi puoi
andare ancora più lontano, ai racconti teogonici, alle divinità ctonie,
all’uovo primordiale (e qui tutta la faccenda sull’uovo e la gallina potrebbe
portarci verso lidi sconosciuti), a Esiodo. Pensa che per i Sumeri,
addirittura, alla base della creazione c’era una dea. Femmina. Che poi insieme
a suo figlio ha creato l’umanità. Avoja
prima di arrivare all’Illuminismo. Devi scavare ancora un po’. Magari per la
festa della mamma ci arriviamo. Nel
frattempo noi ridiamo dell'uso strumentale della differenza tra
"archetipo" e "stereotipo", che ovviamente Andrea Torquato
adopera esattamente all'inverso. Comodo eh?] Qui in occidente la
destrutturazione del sistema patriarcale ha forse il suo punto focale nel
nefasto periodo delle due grandi guerre, le quali hanno giocoforza dato luogo
ad almeno una generazione intera di maschi cresciuti quasi esclusivamente da
donne, nella sostanziale assenza della figura paterna. [Aho, i “maschi” avrebbero
pure potuto di evitare di scannarsi, no? No,
loro alla guerra mica volevano andarci: fu la dea ragione a convincerli
ragionevolmente. E se li cresci, perché li
cresci, e se non li cresci, perché non li cresci. Sei donna: come fai sbagli. Io stavo tanto bene con
l'archetipo, sei arrivata tu con lo stereotipo. Per quello gli uomini hanno
deciso di scannarsi in due guerre mondiali: rivolevano l'archetipo! Peraltro, credo che senza cibo né denaro (perché ci
obbligavate a stare a casa a lavorare gratis e quindi in tempi di guerra non se
la passavano bene manco le donne rimaste a casa) l’ultimo pensiero di una madre
con prole a carico fosse “svirilizzare” i figli (maschi) e “destrutturare il
sistema patriarcale”. Macché, le donne
stavano a casa a riposarsi, mentre i poveri uomini si massacravano a milioni
spinti dalla dea ragione degli illuministi! Altro che Francesco Giuseppe o
Hitler: è Diderot il guerrafondaio! Lì si
trattava di riempire pance e coprire corpi, non c’era molto spazio per la
“annosa militanza femminista” di cui sopra.]
Contemporaneamente, e per lo stesso motivo, almeno una generazione di
femmine ha sperimentato nello stesso periodo una certa emancipazione
dall’ambito strettamente domestico ed un barlume di indipendenza economica,
avendo sostituito nei loro posti in fabbrica gli uomini impegnati nei conflitti
bellici. [Pensa che stronze. La dea ragione è donna ma alla fine le manda a lavorare.
Che pasticciona. Hanno preferito la fabbrica
e qualche spiccio al rendere virili e pieni di peli i loro figli. E magari
hanno pure insegnato alle loro figlie a badare a se stesse. Cose da non
credere.]
Il cosiddetto movimento di “liberazione sessuale” ha poi spianato la strada
alla rivendicazione femminista di tutta quella serie di false libertà, punta di
diamante della quale è il pretestuoso diritto all’aborto. [E te pareva? L’aborto è la vostra ossessione. Voi c’avete
il chiodo fisso manco aveste l’utero. No,
scusa: è il loro chiodo fisso perché
non hanno l'utero. Stiamo parlando di uno che preferisce credere a un falegname
che accetta un figlio non suo da una donna sempre vergine ingravidata da uno
spirito, piuttosto che ammettere che il fare figli non è roba che gli competa. Se tu fossi onesto, sapresti che per alcune femministe
il “pretestuoso diritto all’aborto” è stato un problema tanto quanto lo è per
voi maschi. La liberazione sessuale, poi, era anche e forse soprattutto
liberazione dall’idea per cui una donna non deve godere, non deve desiderare,
non deve pretendere il piacere. Era (ed è!) liberazione dall’idea che siamo
fatte per essere mogli e madri. Ed era (ed è!) lo sbattere in faccia al mondo
che noi siamo tante cose, che vogliamo essere quello che sentiamo di essere,
senza dover chiedere permessi e approvazioni. Quello
che ha sempre fatto l'uomo mentre le donne non hanno contato niente, in un
mondo comandato da uomini; i quali hanno finito per massacrarsi a milioni in
due guerre mondiali, tanto per aderire alla ricostruzione di Andrea Torquato. E
comunque, pure con l'archetipo, da tempo immemore, s'ammazzavano allegramente.
Era ora si cominciasse a pensare a qualcosa di diverso, e l'hanno dovuto fare
alcune donne. Insomma, non si trattava solo
di scopare. O meglio, c’era parecchio di altro in gioco. In primo luogo,
appunto, il desiderio, le aspirazioni, la voglia necessaria di disporre
liberamente del proprio corpo. Capisco che fa strano, visto che, come cantava
Guccini, lo si dovrebbe fare “quasi sempre per dovere” (Piccola storia
ignobile, 1976).]
Il risultato [della guerra, della liberazione
sessuale e del femminismo. Quante responsabilità abbiamo sulle nostre povere
spalle, mentre gli uomini, com'è noto, non
hanno mai deciso nulla, no?] è che l’uomo contemporaneo rimane ormai in
totale balìa della donna: messo al mondo da donne [come
se potesse fare altrimenti!], è accudito da donne [come se volesse
fare altrimenti!] che lo educano da donne, ponendolo al centro del loro
mondo ed evitandogli ogni negazione. [E i padri?
Dove stanno i padri? Che non lo sai? La
cattiva dea ragione li porta via a fare la guerra e a lavorare. Loro starebbero
sempre a chiusi a casa a fare pappine e togliere polvere. No, perché è vero che siamo noi a mettervi al mondo, ma
capita che insieme a noi ci sia un altro, che dovrebbe prendersi cura della
prole tanto quanto si pretende facciamo noi. No,
lui s'inventa divinità – mascoline o femminili a seconda di come gli fa comodo
– per essere sempre assente dove servirebbe. Mica scemo. Non è che il pisello ti impedisce di fare bagnetti,
cambiare pannolini, preparare pappe e insegnare a stare nel mondo. E poi se non
vuoi essere in balia di qualcuna/o si può sempre alzare i tacchi.]
Istruiti in
scuole che sono dominio quasi esclusivo di donne [essendo
un lavoro precario o mal pagato e costantemente screditato dall'opinione
pubblica e dai luoghi comuni, te credo. Mentre invece quanti uomini vogliono
fare i maestri elementari ma la dea ragione glielo impedisce, vero?], i
maschi sono sistematicamente surclassati da coetanee femmine dallo sviluppo
sempre più precoce [è vero solo per i paesi a più
forte cultura maschilista: informati mio caro, è il patriarcato a volerti
cretino e buono per lavorare e fare le guerra, chiedilo al tuo archetipo],
per finire poi bambini cresciuti in un mondo isterico in cui le donne
pretendono uomini utopici, che siano insieme virili e femminili, compendio d’un
falso mito di chimerica, presunta, perfezione. [Allora,
le scuole “dominio di donne” se non facesse ridere meriterebbe un’analisi
seria. È vero, nelle scuole primarie ci sono più maestre che maestri, ma poi ci
pensa l’università a riappianare il gap, stai sereno. Perché va bene che le
donne siano maestre, al massimo professoresse di liceo, ma gli Atenei
lasciamoli ai maschi. Cioè, di nuovo, nel
vero luogo di potere ci sono gli uomini e non le donne. Guarda caso. Quanto alla chimerica
perfezione, la sola cosa che mi viene da dire è “che?”. Davvero, non
capisco. Vogliamo maschio e femmina insieme? Uomini utopici? Sul serio, non ci
arrivo, poi chiedo a Lorenzo che ha studiato e sicuro può aiutarmi. O magari
stai parlando di Ranma ½ e allora a posto così. Magari
parlasse di Ranma. Sta parlando della sua incapacità di staccarsi
dall'archetipo, cioè della sua frustrazione di maschio che non può generare da
solo. Archetipo che, ovviamente, s'è creato da sé – insieme a tanti maschi
prima di lui – per giustificare il mucchio di dispositivi sociali, tra cui
"la ragione", con il quale pretende di dimostrare che tu femmina devi
stare al tuo posto, quello della costola di Adamo. Se fosse minimamente onesto,
si ricorderebbe che fine ha fatto, a proposito di illuminismo, Olympe de Gouges
e le sue idee.]

Si tratta, guardando la cosa in un’ottica profetica, della riproposizione
in chiave moderna della medesima caduta dei progenitori: laddove il serpente
antico, per perpetrare il suo piano di morte (la disfatta di quell’Adamo creato
in grazia e dignità a somiglianza del Creatore), con l’astuta malizia che lo
caratterizza, dopo aver studiato attentamente la prima coppia ha deciso di non
rivolgersi direttamente all’uomo, colui che è stato fatto signore della
Creazione e deputato alla sua custodia, ma ne ha aggirato il profilo, in un
certo senso disconoscendone implicitamente la naturale autorità, e si è rivolto
invece alla donna, colei alla quale, creata come aiuto simile all’uomo, è stata
donata la signorìa sulla relazione e la custodia della generazione umana. [Ma io mi ricordo che è dopo aver mangiato dall'albero della conoscenza che Adamo ed Eva
scoprono la generazione, il "partorirai con dolore" che viene
inflitto per punizione: nel paradiso terrestre loro sono creati innocenti.
Prima, non ne sapevano niente, non avevano manco l'ombelico, quindi lei non
poteva avere alcuna signorìa né custodia. E allora il peccato originale, e il
significato del battesimo? Andrea Torquato, «manco le basi der mestiere te ricordi!» (cit.)] Tale
approccio, bisogna ammetterlo, è da professionista, poiché interloquisce la
donna sul terreno a lei più congeniale, ossia quello del rapporto con l’altro,
e coinvolgendola sul piano a lei naturalmente confacente della verbalizzazione
[tutte chiacchierone, ‘ste femmine] le
insinua il dubbio di non essere realmente libera, facendo leva su quel punto
debole comune a tutto il ginogeo [gineceo?]:
la mania del controllo. [Che storiella stupenda.
Chi se l'è inventata? Un uomo! Ma dai? E che fa? Dice che "la mania del
controllo" ce l'hanno le donne. Ma pensa.]
Convinta la donna che il frutto proibito le darà la capacità di controllare
la sua vita autonomamente [notevole espediente
narrativo il fatto che in un paradiso terrestre dove l'albero della conoscenza
è intatto, il serpente sappia tutte queste cose. Allora il serpente ha già
mangiato il frutto? E quindi perché diopadre non l'ha punito? Qui serve un buon
editor, la trama fa acqua da tutte le parti], emancipandosi dalla
presunta oppressione di una divinità falsamente dipinta non come paterna, bensì
patrigna [aho, ma che mi plagi Leopardi?],
il gioco è fatto. Perché alla donna, che ha ormai mangiato, basta porgere del
medesimo frutto anche all’uomo sul quale ha un naturale ascendente [si sa, tira di più un pelo di fica che un carro di buoi.
O di una divinità, in questo caso], e costui, abdicando supinamente alla
regalità del ruolo assegnatogli da Dio [era meglio
un appalto, a conti fatti], senza proferir verbo (com’è tipico del
maschio), ne mangia anche lui. [Insomma, il
prediletto da Dio è un pòro deficiente. Non capisce, non ragiona, non parla,
non decide – oh, qualche riga sopra ha detto che era il “signore della
Creazione”. Contento lui...] [Mia mamma
diceva sempre “e se loro si buttano al Tevere tu li segui?” Colpa
di Eva, Insomma, se lei non si fosse messa in testa di mangiare quella mela e
non avesse convinto quella povera anima candida di Adamo a fare altrettanto,
adesso staremmo ancora nudi a correre per i prati fioriti del Paradiso. Ma non è che il serpente ha chiamato
Eva perché Adamo del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male
non sapeva che farsene perché stava un fiore nella sua pace paradisiaca? Al
massimo accusala di curiosità e smania di conoscenza, ma la “mania di
controllo” proprio non c’entra niente. Il tuo Adamo non ci fa una bella figura,
lasciatelo dire. Lo dipingi (lo dipingete) come un povero coglione. Cioè,
davvero il vostro Dio ha creato un tale mentecatto a sua immagine e
somiglianza? E adesso te l'abbiamo detto in due, eh.]
Ecco: allora come oggi l’uomo che ha rinunciato alla sua responsabilità di
padre putativo della creazione, fatto signore sul divino stampo, viene meno
anche e soprattutto nel suo ruolo maschile, poiché lascia mano libera
all’istinto femminile della manipolazione [te c’hai
un problema con le donne, lasciatelo dire: manipolatrici, maniache, subdole e
castranti. Poi? Abbiamo anche causato il buco dell’ozono? E soprattutto, Andrea Torquato mio, se è fatto tanto male
e bisogna pure che fa la fine che fa, eh, si vede che se l'è meritato!].
La figura del maschio oggigiorno è in forte crisi poiché l’uomo, davanti alle
false pretese di controllo della deriva femminista [Lorenzo,
che vuol dire? Io non ci arrivo. Che so’ ‘ste pretese di controllo? Che è la
deriva femminista? Non è che questo è uno di quelli che crede nel
nazifemminismo? Eh? No, perché se è così allora chiudiamo tutto e io vado a
fumare. Te l'ho detto prima: hai la pretesa
di avere l'utero, e di volerlo controllare: hai creato tu “madre natura”, per
controllare meglio tutto ciò. Certo la storia del ciclo mestruale la potevi
congegnare un po' meglio, lasciatelo dire. Andrea Torquato sarebbe una donna
perfetta, bisogna che lo ammetti anche tu.], per egoismo, codardia e
pigrizia si è ritirato, rifiutando quel compito paterno per cui è stato creato
[creato da un padre, sia chiaro che le donne in
quel caso non c'entrano niente] e che costituisce la sua essenziale
realizzazione. L’attentato di matrice demoniaca al modello progenitoriale ha
trovato nella società attuale la sua esatta ricapitolazione, nella rottura di
quel rapporto di paternità e figliolanza che lega Dio all’uomo e l’uomo
all’uomo [per esempio “nella società attuale” da
anni si cerca di introdurre in Italia un serio congedo parentale per i padri –
Andrea Torquato, dimmi, come tutto ciò romperebbe quel rapporto?],
castrando il maschio in ogni possibile desinenza, come ad esempio quello di
privare la patria potestà del suo antico retaggio sul cognome [come sanno antropologi e giuristi di ogni scuola,
l'istituzione del matrimonio e del cognome paterno è il modo in cui il
terrorizzato maschio cerca da sempre di assicurarsi che quello che non può
generare sia davvero “suo”. Terrore che riaffiora nelle parole dell'insicuro
Andrea Torquato, che non pensa a come spendere la paternità altro che per le
vie legali], che è solo l’ultimo idiota attacco ad una figura, quella
paterna, che si vuole obliterata perché propriamente immagine trascendente di
quel vero Padre contro cui il nichilismo contemporaneo ha in realtà mosso
guerra. [Tutto ‘sto pippone per dire che sei contrario al
cognome materno? Guarda che non è un obbligo. E a nessuno cascherà il pisello
per questo. Giuro. Nei paesi latini (che mi risultano cattolici anzichenò) è pieno di maschi “virili” col cognome della madre. Ti dico, non finirà
nemmeno il cristianesimo per un cognome in più. Figurati se basta così poco. Ah, e per la cronaca, chi ha “mosso guerra” so' sempre
stati i padri della patria, tanto per chiarire. Fossi in te starei più sereno
nell'usare certe metafore.]
E personalmente credo che la salvezza per l’uomo sia oramai condizionata
alla riscoperta di quell’atavico richiamo ad essere padre come rifrangenza
dell’originale ed unico Padre [impedendo cioè ai
propri figli e figlie ogni tipo d'autonomia]. Forse proprio in questa
sintesi il maschio può ancora recuperare la propria dimensione di uomo in senso
veracemente Cristico [ma dici quel Cristo che sulla
croce urlava al padre di averlo abbandonato?]: vivendo da un lato la
paternità come veicolo privilegiato per la sua realizzazione personale [senti, però, agli attuali dirigenti d'azienda,
supermanager pubblici, politici professionisti,
baroni universitari – tutti noti padri che non si realizzano altro che
nel gestire potere - glielo dici tu?] e dall’altro come opportunità vera
di comprendere la gioia della propria originaria figliolanza a Dio, rispondendo
consapevolmente e coraggiosamente a quella vocazione adamitica che davvero
compie l’uomo [e la donna no.]. Poiché così
come al progenitore venne data dal Creatore la responsabilità sulle Sue
creature perché desse loro il “nome” [strano, più
sopra l'hai descritto come un deficiente muto], medesimamente all’uomo
che accoglie la sua prole viene data la responsabilità su di essa perché
l’aiuti ad adempiere al proprio “destino” di figli di Dio. Tale perciò sia
l’augurio per ogni uomo in questo giorno in cui si celebra la festa del papà,
ché il vero compito di un padre verso i propri figli non è solo di metterli al
mondo [Lola aiuto, questo s'è veramente convinto
che può farlo lui], ma soprattutto di farli ammettere al Cielo [mi fai così pena, Andrea Torquato, che vorrei evitare di
ricordarti quanti padri, vendicandosi sulle compagne delle loro frustrazioni
patriarcali, ammazzano anche i figli facendoli “ammettere al Cielo”. Ma più che
pena mi fai schifo, quindi te lo dico così come m'è venuto]. [Pensa che scema io, che ero convinta che il “vero
compito” di un padre fosse quello di crescere i propri figli e figlie nel
rispetto delle loro idee, desideri e inclinazioni, insegnare il rispetto per
gli altri e le altre e tutte ‘ste fregnacce, che se si
chiamano così vuol dire proprio che sono cose da femmine.]