Su una cosa Pierluigi Battista ha ragione: basta con le polemiche sul 25 aprile.
Una volta per tutte dobbiamo dire le cose come stanno, senza falsi pudori o timori di sorta: il 25 aprile non è una festa qualsiasi, ma è la giornata che celebra la liberazione del paese dal nazifascismo e chi oggi, a distanza di 67 anni, strizza l'occhio e tende la mano a movimenti e individui che ritengono che questa sia la giornata dei "traditori", dei "vili" e del "sacrificio dei ragazzi di Salò" non merita di condividere i nostri spazi.
Renata Polverini può battere i piedi in terra e piagnucolare quanto vuole, può scomodare chi vuole: lei non può essere la benvenuta.
Noi ci ricordiamo il saluto romano, abbiamo davanti la sua faccia felice a cavalcioni sullo striscione in curva nord insieme a gente che inneggiava alla "tigre Arkan", ci ricordiamo le battute sui tunisini, le sparate contro le "zecche" a Genzano e niente di tutto questo contribuisce a rendere una persona gradita su un palco antifascista.
Che poi, dopo quanto accaduto a Porta San Paolo nel 2010, niente mi leva dalla testa che l'accorata richiesta di intercessione di Napolitano da parte di Renata-zeccanuntetemo-Polverini sia solo una provocazione.
Almeno si potrà piangere un po' su quanto sono cattivi e antidemocratici gli antifascisti e continuare ad ignorare il crescendo di aggressioni fasciste in città.
Dimentica Renata (e lo dimentica pure Battista) che nessuna autorità è stata invitata dall'ANPI al corteo di Roma, quindi c'ha poco da fare la vittima.
Battista, poi, dovrebbe chiedere scusa al "dirigente dell'Anpi che per dare brio a una ricorrenza che rischia di sbiadire decide di stabilire chi entra e chi esce", quantomeno per il rispetto che dobbiamo tutti a chi ci permette di dire anche una marea di stronzate senza rimetterci la libertà o la vita stessa.
E sì, lo so che suona tanto retorico, ma basta aprire un buon libro di storia per ricordarsi che non è altro che il vero.
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