Che ci siano donne stronze, è un
dato di fatto.
Che ci siano donne molto
stronze, è un altro dato di fatto.
Così come è un dato di fatto che
ci siano donne violente.
Questo per evitare fraintendimenti e rotture.
Ne parlavo giusto ieri con una compagna reduce dall’orale
di Dottorato, che mi raccontava di una professoressa di studi di genere (!), che,
parlando di donne e terrorismo, se n'è uscita con un: “ma come? Donne e terrorismo? Le
donne, che sono così materne?”
Ebbene, anche le donne sanno
essere violente, dirlo è talmente ovvio da rasentare il ridicolo.
Usare però questi assunti per affermare che in Italia c’è una “sensibilizzazione unidirezionale” della violenza e che
la realtà che viene presentata riguardo la violenza di genere è “fondata
esclusivamente su condizionamenti, luoghi comuni e pregiudizi”, non solo è
ridicolo, ma è un attacco pericolosissimo a tutte le donne vittime di violenza
(dove per “violenza” qui intendo tutto: dallo stupro alle botte, dalle minacce
alle vessazioni, dalla costrizione al femminicidio) e a chi da anni lavora con
e per loro.
È di questi giorni l’“
Indagine conoscitiva sulla violenza verso il maschile”, basata su un
questionario
anonimo on line e rilanciata da un consigliere dell’Assemblea Capitolina,
Ludovico Todini, ex Fronte della Gioventù, uno dei
protagonisti dei gruppi
studenteschi di destra (che confluiranno qualche anno più tardi tra le fila
giovanili di AN) (sic.) che con
forte senso dello stato fa il Carabiniere che tra una percentuale sparata con forse troppa leggerezza e qualche numero
sballato (io in matematica sono una pippa al sugo, ma lui sta peggio) ci
spiega
quale sia la vera piaga del paese: la violenza femminile sugli uomini.
Mi sono andata a leggere la
ricerca e la cosa che colpisce immediatamente è la totale assenza di
scientificità, ammessa peraltro –seppur mascherata da una non meglio specificata carenza sociale e
strutturale- dagli stessi indagatori.
Merita sottolineare che nello spiegare il
perché della parzialità dei dati raccolti e delle evidenti carenze, si sia
tirata in ballo l’indagine ISTAT del 2006 sulla violenza sulle donne (2006! Ci
sarebbe da scrivere in massa a chi di dovere e far presente che da allora il
numero dei femminicidi è aumentato e forse sarebbe il caso di aggiornarsi, ma
tant’è), presentata ironicamente (sarà stata ironia voluta o è uscita così?) come
uno sperpero di denaro pubblico:
Infatti, mentre il lavoro dell’I.S.T.A.T. ha potuto usufruire di un considerevole
budget per coprire l’acquisto delle utenze telefoniche di un campione rappresentativo,
con relativa assunzione e formazione di 64 intervistatrici con contratto a progetto,
oltre ai costi telefonici per decine di migliaia di chiamate telefoniche in
tutta Italia, gli autori della presente ricerca non hanno potuto gestire alcun
budget.
Fin dalle prime righe mi pare che
–ammettendo la buona fede del ricercatore- sfugga un punto fondamentale: chi si occupa di violenza di genere non nega
affatto l’esistenza di donne violente, quindi parlare di violenza di genere non
vuol dire in nessun caso negare che, come ho scritto sopra, esistano donne
stronze, donne violente, donne maltrattanti.
La violenza di genere è in questo paese una vera e propria emergenza (per quanto il termine non mi piaccia): una donna ogni due giorni è uccisa in quanto donna. Stupri, molestie, botte non si contano nemmeno più e lo Stato risponde togliendo soldi ai Centri Antiviolenza, alle associazioni che si occupano di violenza sulle donne e non spende un euro in più per l'educazione dei ragazzi e delle ragazze per contrastare l'aumento della violenza di genere anche tra i giovanissimi.
Affermare che
Viene trasmesso il messaggio che la violenza femminile non esiste, e se
esiste è “lieve”, non suscita allarme. In ogni caso è legittimata, normalizzata,
positivizzata, sdoganata persino sui media
non è altro che un ridicolo “buttarla in caciara”.
La violenza femminile non è negata, si ammette tranquillamente che può non essere lieve (mi vengono in mente
le tante parole scritte da
Sud De-Genere sulle donne di mafia) e la sua “normalizzazione”,
casomai, viene da chi pretende ancora che le donne siano angeli del focolare,
sempre mamme, naturalmente predisposte ai compiti di cura della famiglia
(uomo-donna, manco a dirlo) e dei vecchi.
A questo proposito non posso
dimenticare articoli deliranti sulla violenza delle donne manifestanti il
15 ottobre
o delle donne
No Tav, che con i loro corpi e con la loro forza lottano ogni
giorno per la loro terra.
La violenza femminile, più che normalizzata, mi pare
invece che venga vista come un qualcosa di “folle”, di completamente anormale ed estraneo al femminile che ci hanno cucito addosso, qualcosa che esce dalle “regole” che la
società ci impone in quanto donne: il sesso debole, Venere, la mamma. I "
millenni di iconografia femminile" di cui parlava Il Corriere dopo gli scontri del 15 ottobre.
Una donna che attacca
violentemente qualcuno è un’”isterica”, una “pazza”, a meno che non si difenda
da un assalto, ma in quel caso l’ideale mediatico e –temo- sociale resta l'inarrivabile
Maria Goretti.
Questa ricerca, che – come detto-
non pare avere una seria pretesa di credibilità [L’unica fonte di informazioni è costituita dalle dichiarazioni degli
interessati, pertanto non è possibile effettuare alcuna verifica attraverso
atti giudiziari, referti medici, registrazioni audio-video o altri documenti]
sembra voler mettere in un unico calderone cose talmente diverse
tra loro da non potersi nemmeno incontrare.
Insomma, come si può
credere che il fatto che una donna non voglia fare sesso dopo i preliminari sia
violenza sessuale (domanda B1: è capitato
che una donna abbia iniziato con te i preliminari di un atto sessuale, per poi rifiutarlo
senza fartene comprendere il motivo)?
Quale violenza sessuale è dire “fatti una pippa ché io non ho voglia di fare sesso stasera” (domanda B4: è capitato che la tua partner ti abbia
ironicamente invitato a “provvedere da solo”, perché lei non aveva voglia di
avere un rapporto sessuale?)
Alla fine della presentazione dei
risultati dell’indagine (vi consiglio di leggere le domande, alcune sono
strepitose) si ammette candidamente quanto prima era solo accennato: ‘sta
ricerca non ha niente di scientificamente valido:
Per completezza di informazione va detto che
il contatore inserito sulla pagina web del
questionario ha registrato circa 1900
accessi, a fronte di 726 compilazioni Il cartaceo è stato distribuito in 1000
copie, delle quali 332 restituite compilate ai 3 somministratori.
Pertanto vi sono percentuali di uomini
(61.7% per il questionario online, 63.1% per il cartaceo) che pur avendo
visionato i contenuti dell’indagine non hanno ritenuto opportuno prendervi
parte.
Non è dato di sapere se abbiano visionato la
pagina web solo per curiosità, se non abbiano partecipato all’indagine per
riservatezza, per mancanza di tempo, per la difficoltà nel riconoscersi
vittime, per non aver mai subito alcuna violenza, o altro ancora.
Nonostante
ciò, la spavalda conclusione è che
Con tutti i limiti quali/quantitativi
evidenziati in precedenza, si rileva tuttavia come l’analisi dei dati raccolti
smentisca la tesi della violenza unidirezionale U>D e le sovrastrutture
culturali che ne derivano. La teoria secondo la quale la violenza U>D sia la
sola forma diffusa e quindi l’unica meritevole di contromisure istituzionali e di
tutela per le vittime si è rivelata inattuale e non corrispondente alla realtà
dei fatti.
Capito?
Metti un questionario on line, ci scrivi qualcosa intorno e olè! fine del problema. Non più violenza di genere, fine del femminicidio e vissero tutti felici e contenti.
---Aggiornamento---
Copio e incollo un bel commento di
Pina Nuzzo (il grassetto è mio):
Solo un pensiero: ultimamente è un fiorire di
studi, di teorie che avallano la rappresentazione delle donne come
violente, da quando, nei rapporti sociali e interpersonali,
le stesse pretendono di autodeterminarsi. Di non sottostare a ricatti
sessuati. In tutte le coppie, in tutti i rapporti, c'è un problema e
riguarda il potere; questo può degenerare in comportamenti aggressivi,
violenti coercitivi. C'è però uno scarto, proprio della relazione tra i
generi: l'uso del pene come arma. Il pene come metonimia: una parte per
il tutto. Quindi parliamo pure di violenza e torture in tempo di guerra,
di violenza e soprusi nei rapporti di coppia (in relazione ai figli,
per esempio) ma lo stupro e l'annientamento dell'altra - il femminicidio
- sono un altro genere di delitto. Il delitto su cui si rafforza il
patriarcato.