Lunedì alla Casa Internazionale delle Donne di Roma c’è stato un incontro con SNOQ per parlare della manifestazione nazionale che stanno organizzando per il prossimo 11 dicembre a Roma.
Ci sono andata prevenuta, lo ammetto.
Prevenuta innanzi tutto perché SNOQ non mi ha mai convinta e prevenuta perché reduce dall’Assemblea UDI del precedente fine settimana, in cui mi hanno detto che un’associazione nata nel 1945, con una storia importante, che dal 2003 si è risollevata, portando avanti campagne fondamentali come il 50E50… ovunque si decide!, la Staffetta delle donne contro la violenza sulle donne e Immagini Amiche (che può vantarsi di avere l’alto patrocinio del Presidente della Repubblica), senza di loro sarebbe “invisibile”. Prevenuta perché donne UDI mi hanno detto che il 13 febbraio è stata la data più importante della storia del movimento femminile italiano, come se prima non ci fosse stato nulla. E me l'hanno detto nella sala intitolata a Carla Lonzi.
Come ha detto Vania Chiurlotto in Assemblea,
Se dieci anni fa si nominava l’Udi ci si sentiva dire “L’Udi? Esiste ancora?”.
Le più informate dichiaravano “ Ah, l’organizzazione delle donne comuniste”.
Oggi, fino ad oggi, l’Udi è visibile, organizzata, autorevole, riconosciuta perché libera.
Una situazione insostenibile, scandalosa.
Una situazione che evidentemente ha richiesto un "riportare all'ordine", magari anche rientrando nei giochi dei partiti o accodandosi a movimenti appena nati, ma con una maggiore visibilità mediatica.
Ho sempre visto in SNOQ una mossa furbetta, la chiamata alle armi delle donne contro un uomo (sì, contro un solo uomo, non contro un governo intero e contro un intero modo di fare politica).
Donne di potere, di cultura e di spettacolo che hanno chiamato in piazza altre donne dopo aver taciuto volontariamente e colpevolmente della politica degli ultimi anni.
Una manifestazione dai contenuti piuttosto fumosi che ha dovuto il suo incredibile successo mediatico all’enorme pubblicità avuta da quegli stessi media che hanno ignorato decenni di politica delle donne (una per tutte, L’Unità di Concita De Gregorio, sulla quale si lasciò scrivere che l’UDI si era sciolta senza che nessuna sentisse il bisogno di una rettifica che andasse oltre qualche parola buttata tra i commenti sul “silenzio delle donne”).
La pretesa delle donne di SNOQ di essere le sole pronte e capaci di fare qualcosa, il loro malcelato disprezzo o forse la loro ignoranza (nel senso etimologico del termine, ovviamente) per tutto quello che c’è stato prima e che c’è ancora, il loro senso di superiorità politica, culturale e morale, mi ha infastidita dal primo momento.
Ciononostante il 13 febbraio ero in piazza, ma con gli Ombrelli Rossi e insieme ad altre donne ho abbandonato presto piazza del Popolo per dirigermi verso il Parlamento, con la mia rabbia e le mie rivendicazioni.
Comunque, nonostante prevenzioni e perplessità ieri sono andata alla Casa per incontrare il comitato promotore, nella persona di Serena Sapegno (che non è una sprovveduta, anzi, e che proprio per questo mi fa parlare di un silenzio colpevole) e Sara Ventrone.
Due cose ho notato.
Innanzitutto, mi è parso che si volessero mettere le mani avanti in vista di un possibile flop della manifestazione. E quindi un tirata sui comitati locali, che sono lasciati liberi di scegliere se venire a Roma, se fare cose sul proprio territorio, o se non fare nulla; e poi –data l’oggettiva scarsa visibilità di questo appello- una lamentela che sinceramente non smette di farmi ridere a crepapelle: questa manifestazione, SNOQ stessa, sarebbe “ignorata dai media”.
Ora, con tutto il rispetto, ignorate de che?
Il successo di SNOQ a febbraio è stato dato proprio dall’appoggio incondizionato e acritico di tutti i media antiberlusconiani del paese, quindi lamentarsi di essere invisibili mi pare un’assurdità.
Certo, non c’è più una direttora di un quotidiano nazionale che può fare pubblicità a tutto spiano, ma non mi pare che invisibilità mediatica e SNOQ possano andare a braccetto.
Indubbiamente l’attenzione è minore, ma c’era da aspettarselo da una manifestazione che voleva difendere la “dignità delle donne” contro il berlusconismo.
Insomma, Berlusconi non è più Presidente del Consiglio, le sue esuberanze sessuali sembrano non interessare più, quindi la presa sulla gente è effettivamente minore.
SNOQ vuole farci sapere che “non si poteva continuare a non esseere presenti mentre stava cambiando tutto” e che loro ci sono “anche al di là di Berlusconi”.
Io ed Ingrid, non abbiamo potuto non farci la stessa domanda, quasi all’unisono: “Sì, ma prima di Berlusconi, ndo stavate?”
Sentire parlare di “agenda politica delle donne” da chi fino a undici mesi fa mi ignorava, ignorava (o almeno pretendeva di ignorare) lo sfascio dei consultori, le azioni contro la proposta Tarzia, le manifestazioni contro la violenza, i drammi delle migranti, mi fa rabbia più dei festini, perché davvero mi tocca profondamente.
L’idea che mi ha dato l’incontro è stata di un’enorme confusione, né con, né contro, come è stato detto più volte.
Non si può essere acriticamente con questo governo, che però viene a prendere i soldi sempre dai soliti, ma non si può nemmeno essere contro, perché tutto è meglio di Berlusconi. E poi vuoi mettere la bellezza di una Ministra che si commuove dicendo “dovete fare sacrifici”?
E poi, a quali donne vuole parlare stavolta SNOQ?
Prima erano le donne per bene, quelle che studiano, lavorano, che non vendono il proprio corpo, le madri e le figlie che "non sono come Ruby", accompagnate dagli uomini che "mia figlia non te la darò mai".
E ora? Ora che, come ci ricorda L’Unità, non c’è più il “tacco 12”, ma un più sobrio e maturo "english style", con chi vogliono parlare?
Dice bene Barbara Pettine, delle Metalmeccaniche FIOM: “Di quali donne parliamo? A quali donne ci rivolgiamo?” perché, dice, se vai in fabbrica, non troverai facili adesioni. Perché le prime a essere massacrate da questa manovra, saranno proprio quelle donne e non si può chiedere a chi magari sta perdendo il lavoro e dovrà affrontare sacrifici reali di “non essere né contro né a favore”.
Per quanto mi riguarda, questo è invece il momento di mettere paletti, di fare richieste reali e di pretendere un cambiamento. Questo per me è il momento della protesta, che, come ha detto una ragazza di vent'anni, Silvia, non può essere un concerto e qualche recital.
Tra le tante realtà presenti ieri alla Casa, molte aderiranno alla mobilitazione, altre ne faranno a meno.
Avrei voluto sentire il parere dell’UDI, perché nonostante il (a mio giudizio terrificante) nuovo corso è pur sempre la mia associazione, ma la Responsabile della Sede Nazionale presente, Vittoria Tola (l’altra Responsabile è Grazia Dell’Oste, che però non era presente), purtroppo non ha preso la parola.
Comunque, mi è parso che quello che davvero e di nuovo manca a SNOQ siano una reale conoscenza del mondo che le circonda (o almeno il riconoscimento di chi in quel mondo ci vive ogni giorno) e una piattaforma politica ben definita per la manifestazione dell'11 dicembre.
Le parole sono belle, non c’è dubbio, ma ieri si voleva invitare ad una manifestazione di cui nessuno pareva saper spiegare davvero i contenuti.
Si è venute a chiedere adesioni a qualcosa che non è dato criticare in alcun modo, un monolite che mi pare accessibile solo a chi dice "sì". Alle critiche di Nella Condorelli, che diceva che si erano ignorate molte realtà femminili con cui si sarebbe potuto e dovuto dialogare proprio per una maggiore riuscita della mobilitazione, è stato risposto: "Organizzatela voi una manifestazione in cui parlate con tutte. Fatelo se siete capaci, poi io ci vengo. Mi invitate e ci vengo". Nessun diritto di critica.
Certo, sul palco non ci saranno solo Emma, Paola Turci e Marina Rei: ci saranno “giornaliste” ed “economiste” e verrà letta la lettera di una vecchia pensionata che bada alla madre con l’Alzheimer, ma poi?
Sentirmi dire “proporremo l’agenda politica delle donne” non mi basta e soprattutto per me non ha senso.
Come Pettine, io voglio sapere di quali donne.
Rivolgersi alle “cittadine” per me è già qualcosa di fortemente respingente, perché io voglio e devo rivolgermi anche a tutte le altre: alle migranti, alle mie sorelle nate qui da genitori stranieri e che non sono considerate italiane da una legge dannosa e discriminatoria. E le sex workers? E le lesbiche? E le trans? SNOQ non ha da parlare anche a loro?
Ma soprattutto, ha intenzione di prendere in considerazione e valorizzare il lavoro fatto dalle tante che si muovono faticosamente da molto prima del 13 febbraio?
Sinceramente a me pare di no e vi consiglio la lettura del post di Francesca Sanzo su Donne Pensanti in merito.
Di nuovo, nell’attuale chiamata all’adunata, trovo punti di disaccordo per me fondamentali con le donne di SNOQ, a partire dall’esclusione di alcune (appunto, le sex workers) e il disconoscimento, o meglio l’assoluta indifferenza, per il lavoro svolto dalle altre (altro consiglio di lettura: Deconstructing SNOQ, di Lorenzo Gasparrini su Femminismo a Sud).
Leggo e sento parlare e però quello che mi torna è sempre la stessa cosa: noi finalmente abbiamo il coraggio di parlare, mentre voi tutte siete state sempre zitte e ora eccoci, siamo la vostra voce, lasciateci fare.
Solo che io di voce ne ho abbastanza e non mi faccio dettare l'agenda politica da chi non mi ha mai voluto ascoltare.